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Il museo

L’Associazione Pietra e Scalpellini di Castellavazzo si è data tra i suoi compiti costitutivi quello di attribuire un’adeguata testimonianza agli antichi mestieri di cavatore, scalpellino e delle lavorazioni della pietra, che hanno sempre accompagnato la vita di questo piccolo borgo di montagna, giacchè il legame di Castellavazzo con la pietra è sancito dalla Stele Neroniana realizzata nei primissimi decenni dopo Cristo.

Il Museo della Pietra e degli Scalpellini sorge a Castellavazzo, per volontà e dall’unione di alcuni appassionati, chiamati “Gruppo Rosso Bruno” e successivamente riuniti nell’ “Associazione Pietra e Scalpellini di Castellavazzo”, che si è data tra i suoi compiti costitutivi quello di dare un’adeguata testimonianza agli antichi mestieri, di cavatore e scalpellino, di cui un intero paese è vissuto. Un Museo etnografico che ha un forte legame con la comunità di cultura entro cui sorge, non solo un’esposizione con finalità estetiche e d’antiquariato, ma la vita del Museo di cultura locale deve coinvolgere necessariamente le diverse espressioni dell’interesse per la storia del luogo.

2000

La primitiva raccolta di reperti e attrezzature organizzata per merito di un gruppo di volontari e appassionati, autodefinitisi Gruppo Rosso Bruno, è stata nel tempo implementata con sostanziosi apporti documentali, materiali e didascalici. Un importante definizione del percorso espositivo si è avuta nel 2000 quando, in collaborazione con il Museo Etnografico della Provincia di Belluno, nel 2000 è stata organizzata la mostra “Cave, cavatori e scalpellini, lavorare la pietra in Provincia di Belluno”.

Castellavazzo, in origine “Castrum Laebactium” attesta reperti di pietra lavorata fin dall’ epoca romana: la stele neroniana e la lapide di Esculapio, testimoniano la lavorazione della pietra in questo villaggio, armoniosamente arroccato sugli affioranti sedimenti di calcare.

2006

Nella primavera 2006 la struttura espositiva è stata riorganizzata e nuovamente ampliata, andando ad accogliere le testimonianze inerenti tutto il contesto provinciale.

Tra le svariate interpretazioni che possono scaturire dalla visita della struttura espositiva, vi è senz’altro il suggerimento di utilizzare la raccolta museale quale fonte di ispirazione per ulteriori approfondimenti sul territorio, atti a collocare la rigorosa impostazione scientifica dell’esposizione, che per quanto ben proposta risulta sempre un mezzo distaccato, all’effettiva realtà che ha il compito di rammentare. All’interno del percorso divulgativo, oltre a Castellavazzo, trovano collocazione numerosi riferimenti relativi ad altre realtà locali, quali le Buse da mole di Tisoi, la produzione della calce di Sois, e tutti gli ambiti estrattivi provinciali.

Inaugurato nel 2006, come mostra permanente dell’ esposizione “Cave, cavatori e scalpellini, lavorare la pietra in Provincia di Belluno” avvenuta nel 2000, in collaborazione con il Museo Etnografico della Provincia di Belluno, nel 2017 si trasferisce nello stabile prima usufruito dal trascorso Municipio di Castellavazzo, ampliando
e perfezionando l’offerta museale.

2017

Il Museo della Pietra e degli Scalpellini nel 2017 si trasferisce nello stabile prima usufruito dal trascorso Municipio di Castellavazzo, ampliando e perfezionando l’offerta museale. Il nuovo Museo, grazie agli interventi di ditte specializzate e forze volontarie, nonchè alla cooperazione di un intero paese, è stato riallestito, mantenendo l’originario assetto, con importanti e innovative migliorie concernenti l’immagine grafica, la trasformazione della sezione geologica e la creazione di una sala video.

Il nuovo Museo, grazie agli interventi di ditte specializzate e forze volontarie, nonchè alla cooperazione di un intero paese, è stato riallestito, mantenendo l’originario assetto, con importanti e innovative migliorie concernenti l’immagine grafica, la trasformazione della sezione geologica e la creazione di una sala video. L’esposizione permanente è organizzata in sei sezioni, ognuna legata ad una tematica specifica.

L’esposizione permanente è organizzata in sei sezioni, ognuna legata ad una tematica specifica:

1. La storia geologica che descrive in modo semplice e riassuntivo i passaggi salienti della storia geologica locale; le sezioni verticali, esemplificate dai paleomondi, nonchè da disegni che riassumono la situazione originaria della pietra di Castellavazzo, sono corredate da un mobile contenitore con reperti litici coi quali sarà concessa un’interazione fisica diretta, e da reperti fossili rinvenuti nei dintorni di Castellavazzo.

2. La sala “Lino Colotto”concentra una sintesi delle tecniche di estrazione, lavorazione e trasformazione della pietra. Partendo dalla riproduzione di uno scorcio di cava, scenario impreziosito dalla gigantografia di una foto storica di una cava locale, si analizzano i metodi estrattivi di un tempo e successivamente le lavorazioni, con i relativi strumenti, che sono distintamente e chiaramente esplicati in un armadio espositore e contenitore. Non mancano altresì accenni a tecniche di lavorazione moderna, con l’uso di macchine industriali ed un ambito dedicato al mestiere, fondamentale e prezioso, del forgiatore, grazie al quale lo scalpellino poteva utilizzare attrezzi affilati e affidabili. In questa importante sala è presente un mobile interagente e sagomato come la provincia di Belluno, dove sono dislocati i campioni di pietra estratti nelle cave del nostro territorio.

3. La sala dedicata a Castellavazzo, un paese di pietra, la pietra di un paese, oltre a raccogliere documenti e fotografie d’epoca, relativi sia alle
peculiarità architettoniche del paese, il quale ha sempre legato in maniera indissolubile la sua esistenza con la sua pietra; una completa e rara collezione di attrezzature, fotografie e testimonianze, celebra le valenti generazioni di scalpellini autoctoni che hanno saputo esportare la loro apprezzata opera in svariate località italiane, europee ed anche oltre.

4. Dal foyer, salendo al piano primo, si è introdotti alla sala successiva, dedicata alle presenze di pietra e all’uso della pietra nella quotidianità, da un foghèr (o larìn), sopra il quale è appeso, nello spazio a doppia altezza, il meccanismo dell’antico orologio della torre campanaria della chiesa dei Santi Quirico e Giulitta, eretta dopo il Mille sui resti di un fortilizio prima romano e poi medievale, detto “Castrum Laebactium”. Una vasta carrellata di reperti e di esaurienti testimonianze, mette in evidenza lo stretto legame che intercorre tra le quotidiane attività antropiche e la pietra. Inoltre l’importanza ed il ruolo che la pietra ha avuto nel corso dei secoli dove, splendide e preziose testimonianze, completano l’impianto didascalico; le argomentazioni trattate spaziano dagli usi più materiali e di immediata percezione, ai contesti più eterei e spirituali.

5. Giocare con le pietre è diventata, rispetto a prima, una sezione distinta, con l’introduzione di un litofono in pietra locale, dalla sintesi e spiegazione dei tanti giochi che, un tempo si svolgevano con le pietre, con la volontà e il desiderio che questi riacquistino interesse, grazie a laboratori didattici e riproponendoli sulla piazza antistante il fabbricato.

6. L’ultima sezione riguarda l’uso della pietra che, previa cottura, diventa legante sotto forma di calce e cemento. Un plastico riproduce una calchera, mentre per il cementificio alcuni originali reperti e lo schema del ciclo produttivo ne spiegano e testimoniano l’importante e indiscreta presenza a Castellavazzo.
Completano il percorso una sala video, dove la riproduzione continua di filmati concernenti le attività del Museo e non solo arricchirà la conoscenza del visitatore, un ambito dedicato alle svariate esposizioni temporanee ed una sala per conferenze e convegni.

Completano il percorso una sala video, dove la riproduzione continua di filmati concernenti le attività del Museo e non solo arricchirà la conoscenza del visitatore, un ambito dedicato alle svariate esposizioni temporanee ed una sala per conferenze e convegni.